EMOZIONI

LA RABBIA? DEVE ANCORA ARRIVARE

Walter Comello

La rabbia non ha bisogno di pubblico perché basta a se stessa, si esprime in un gesto intimo e sacro.

La rabbia non cresce esplode, o per lo meno prima è altro. La rabbia è la fine di un imbuto scuro in cui scivolano altri sentimenti che si impastano l’un l’altro e la loro alchimia ha il colore della rabbia. Quel colore non sarà disteso sulla tela, ma schizzerà sulle pareti perché il pennello imbevuto in quel colore servirà a squarciarla dalla parte del manico. La rabbia ha l’odore dello zolfo, come il vulcano e l’inferno, come l’alito del drago un attimo prima delle fiamme. Chi non crede al Paradiso potrebbe essere lusingato dall’inferno, se il primo non si sa se esista il secondo è ora, dipende da te ed è a portata di mano. Il potere della mano è irresistibile, in lei il ruolo della carezza o di colpire. La delusione e l’amarezza la armano più di ogni altra cosa perché nulla ferisce, avvelena e ammala più della prima, ma la rabbia è soluzione ad una peggior amarezza. Se il Paradiso dipende dal giudizio di chi sa chi, l’inferno è una fantastica e meravigliosa tua scelta. La rabbia nasce dal senso di impotenza, l’istinto di sopravvivenza, quale atteggiamento nevrotico e legittimato per evitare la depressione. La rabbia nasce per difendere ciò che si ama, più si ama e più si è disposti a tutto per sua difesa. La rabbia nasce dal protrarsi della delusione quando questa toglie l’aria alla vita. La rabbia nasce dall’abbandono quando non si sa tollerare la solitudine. La rabbia è ceca, senza limiti, senza confini e indifferente alle conseguenze. La rabbia è saliva che ti riempie la bocca per il piacere che ti sta per dare l’effetto dei denti che affondano. Si vorrebbe sostituire i molari con altri canini per usarli tutti insieme. La rabbia è godere nello scoprire la potenza dei muscoli mandibolari che appartengono ad una identità dimenticata e capace di tranciare, strappare pezzi di carne più grossi della bocca che li può contenere. La rabbia non è da vegetariani. La rabbia è l’incontro perfetto tra cuore e mente e tra questa e ogni più piccola parte del corpo che diventa entusiasticamente partecipe all’azione. La rabbia è il sangue che corre veloce e giunge da ogni angolo del corpo a gonfiare le arterie per rendere i muscoli più potenti e pronti. Le vene se ne dispiacciono per non avere lo stesso privilegio. Il calore è tra le mani e anche immerse nella neve le zampe sfoderano i loro artigli. Le unghie afferrano, fermano, bloccano, penetrano, fanno sanguinare l’altro per indebolirlo prima che i denti lo raggiungano per sentire tra le mandibole la vita che si spezza e fluisce nel sangue che sgorga.

Caldo, caldo, come gli ultimi ricordi. Calde si fanno le pupille e la mente è ovattata da una piacevole avvolgente calda e umida nebbia. Gli occhi si fanno frecce avvelenate, le narici si dilatano e ogni singolo pelo si protende verso l’esterno come gli aculei di un porcospino. La rabbia esplode dentro e cerca di fuoriuscire in ogni modo travolgendo gli argini del corpo e tutto ciò che a lei si frappone. La rabbia esce da ogni poro della pelle, ha un odore personale, inebriante, irresistibile a chi lo produce. Da qualche parte deve eruttare e se il corpo viene tenuto a freno dalla ragione che resta, esplode in bocca, nelle parole che fluiscono come un fiume in piena che travolge gli argini, con il gusto di abbattere ponti presuntuosi e allagare territori occupati dall’arroganza. Le parole come l’acqua si spartiscono il terreno che affettano come torrenti impetuosi o travolgono come fiumi senza ritegno con il solo gusto della distruzione. La mente si eccita sempre più, ne conserva gratificante memoria e per questo quel piacere rischia di creare dipendenza. Ciò che questo non è, non è rabbia. Spaccare le vetrine non è rabbia sociale da giustificare per un malessere da giustificare, ma attività ludica di una eccitazione psicomotoria da sostanze psicotrope che rendono capaci solo di essere ladri. La rabbia non ruba, la rabbia è etica, ha la sua morale, ha la sua giustizia, non necessariamente condivisa, ma a questo le è indifferente. La rabbia non ha bisogno di pubblico perché basta a se stessa, si esprime in un gesto intimo e sacro. La rabbia ha un obiettivo specifico e ha la necessità di essere consumata, vissuta, espressa, scaricata nel più breve tempo possibile. La rabbia ha una sua dignità, anche in chi uccide. La rabbia ha un nemico a cui strappare il cuore e solo dopo averne pace. Per rendere un cane rabbioso e valevole alla guardia, lo si rinchiude in uno spazio angusto o ad una catena corta, gli si dà poco nutrimento e si continua ad aizzarlo con un bastone e con un tono aggressivo. Se si vuole un cane sottomesso lo si mette in uno spazio angusto o ad una catena corta, gli si dà poco nutrimento e non gli si permette il sonno. Riguardatevi da ansie e depressioni che vi tolgono il sonno e altri facciano attenzione ai toni delle parole e al bastone che usano per aizzare, la rabbia deve ancora arrivare.