CINEMA
GINA LOLLOBRIGIDA, la vera leggenda del cinema italiano
Patrizia Foresto
La fotografia, la scultura, anche la pittura, la creazione dei suoi abiti e dei suoi gioielli; una grande artista a tutto tondo.
La bersagliera, la fata turchina, la donna più bella del mondo, la ciociara simbolo della bellezza mediterranea, l’incarnazione della diva per eccellenza del cinema italiano, la testimone dell’Italia della rinascita ha concluso la sua lunga vita dalle molte sfaccettature nella sua Roma, dove sempre tornava nella sua bella dimora sull’Appia Antica dai tanti viaggi in giro per il mondo nel corso degli anni. Il suo ultimo compleanno, il 4 Luglio scorso, il novantacinquesimo, con il suo piglio sempre vivace e volitivo, Gina Lollobrigida lo ha trascorso e festeggiato a Subiaco al Teatro Narzio, omaggiata con la consegna della chiave della città, in quel centro della Ciociaria distante da Roma soltanto un pugno di chilometri, dove era nata, dove tutto era iniziato nel 1927, dieci anni prima dell’inaugurazione di Cinecittà, il tempio del cinema italiano dove la Lollo, come venne comunemente chiamata in quell’ambiente e dalla stampa di settore, fece il suo ingresso per la prima volta appena diciassettenne in cerca di qualche comparsa. Fa una certa impressione sentirle dire, in una delle tante interviste che generosamente concedeva, proprio da chi come lei viveva nel lusso, in una meravigliosa villa-museo attorniata da oggetti da collezione e di grande valore e circondata dai suoi amati cani e gatti “ho conosciuto la fame, conosco i suoi morsi”, proprio da lei che era nata in una famiglia benestante, figlia con altre tre sorelle di un agiato piccolo imprenditore produttore di mobili. La conobbe quella fame che non dimenticò durante la guerra quando la famiglia perse tutto a causa dei bombardamenti e si dovettero trasferire nella Capitale dove erano sfollati, costretti a dormire in sei in una stanza. Stupisce sapere che non ambiva al cinema ma era orientata verso il canto lirico e soprattutto verso la scultura che fu uno dei grandi amori della sua vita e che non abbandonò mai. Scelse infine la strada del cinema, che non era nei suoi progetti, in parte spinta dal bisogno ed accettò dopo che le offrirono una cifra esorbitante se rapportata a quegli anni; lei chiese molto di più e la sua richiesta fu accettata. A Roma studiò all’Accademia di Belle Arti e tutta la famiglia credette in lei, nelle sue capacità aiutandola, malgrado le difficoltà, a proseguire gli studi che portò a termine brillantemente vincendo una borsa di studio di 9.000 lire. Il ricordo di sé stessa da giovane è quello di una ragazza timida, insicura tanto da non credere alla sua bellezza, ciò che riuscì a smentire in seguito. Possedeva una sensibilità artistica fuori del comune, l’amore per la vita, una vitalità che non l’ha mai abbandonata, una volontà incrollabile oltre alla sua divorante passione per l’arte, tutte tessere molto importanti nella costruzione della sua carriera di attrice. Nel 1947 si iscrisse a Miss Italia, come era consuetudine in quegli anni per le belle ragazze in cerca di visibilità e nella sua scheda di partecipazione dichiarò di avere predisposizione per la recitazione e di voler fare qualcosa di serio con le sue capacità. Non vinse il titolo di ragazza più bella d’Italia, come non lo vinse Silvana Mangano ma quell’anno venne incoronata Lucia Bosè con Corrado come presentatore della serata. Era l’epoca delle maggiorate del cinema italiano e pare che la rivalità con Sofia Loren di cui tanto si parlò nei loro anni forti fosse reale così come lo fu tra Maria Callas e Renata Tebaldi, due icone del mondo della lirica di quei tempi che furono d’oro in ogni ambito dell’arte italiana. È stata la loro, in entrambe le coppie artistiche, una rivalità, una forma di inevitabile competizione che era come aggiungere il peperoncino ad un piatto di spaghetti per vivacizzarli. Furono per la Lollo gli esordi di una carriera strepitosa da lei stessa definita come un vestito su misura tanto le si addiceva che crebbe con i suggerimenti di Vittorio De Sica, lui che le fece amare quel mondo con tutta l’immediatezza che le è proprio e che soltanto il cinema sa dare. Si aprì per lei una travolgente carriera tra Hollywood e Cinecittà con oltre sessanta film, molti riconoscimenti tra cui un Golden Globe, tre Nastri d’argento, sette David di Donatello, quattro serie di francobolli di S. Marino con la sua effige a cui lei teneva tanto, il conferimento della Legione d’onore della Repubblica francese, la stella sulla Hollywood Walk of Fame oltre ad aver ricoperto la carica di ambasciatrice della FAO. Per il piccolo schermo è stata l’indimenticabile fata turchina ne “Le avventure di Pinocchio” lo sceneggiato televisivo di grande successo del 1972 diretto da Luigi Comencini. Per tutta la sua esistenza è stata “la bersagliera” e va detto che la Gina nazionale è uscita dalla scena della vita ancora combattiva, ancora decisa a dar battaglia con forza e determinazione a chi la stava contestando in quelli che lei riteneva essere i suoi diritti e per questo fino alla fine nessun nome le si addice meglio, un soprannome quasi un abito che le venne cucito addosso ai tempi del film che più di ogni altro la rese famosa. È “Pane, amore e fantasia “con cui vinse il Nastro d’argento per la migliore attrice protagonista, per la regia di Luigi Comencini, accanto ad un affascinante Vittorio De Sica nei panni del Maresciallo Carotenuto. È una pellicola che fa parte della storia del cinema italiano, dal cui personaggio femminile è nato quel nomignolo che l’ha accompagnata per tutta la sua carriera e che le si è incollato come una seconda pelle anche quando nel 1970 pose fine alla sua carriera di attrice.
Uscito nel 1953, in un Paese che si era da pochi anni risvegliato sulle macerie di un lungo ed estenuante conflitto e che stava guardando al futuro con rinnovata energia, quel film che raccontava della bellissima Italia rurale, in cui lei si trovò calata in quella realtà che stava attendendo il boom economico, con la leggerezza della sua giovinezza, bellissima, seducente, ammiccante, spiritosa e, va detto, con la sua bravura interpretativa ed il suo sorriso accattivante conquistò l’Italia intera. Con il grande De Sica che pendeva letteralmente dalle sue labbra, raccontarono ciò che il pubblico voleva, la realtà del dopoguerra ambientata nel cuore dell’Italia, a Sagliena, un immaginario piccolo centro agricolo, in una commedia sentimentale cucita su un Paese che doveva e voleva essere raccontato. Fu un successo e queste commedie brillanti che rappresentavano la realtà italiana erano per il pubblico una novità che lo rappresentava. Ricordando i colleghi con cui ha lavorato va detto che uno dei suoi preferiti fu Sean Connery con cui girò due film. Ci fu tra loro un grande feeling, molto rispetto ma mai amore. Il bacio che ricordava come il più riuscito, certamente il più vero, interminabile mentre la troupe attendeva, fu quello con l’affascinante Yul Brynner. Fu amica di Marilyn Monroe e la ricordava con tenerezza sottolineando la loro amicizia e la sua fragilità che a suo dire fu all’origine della sua tristissima e prematura fine. E qui si riallaccia il tema della gestione di tanta popolarità e del successo. “Aver vissuto durante gli anni dell’ultima guerra mi ha dato forza – diceva la grande Gina – Quindi il successo che può distruggere, come avvenne per la Monroe, non ci riuscì con me grazie alla mia forza “. La riteneva la diva che rappresentava il cinema più di qualunque altra attrice. Lavorò con Burt Lancaster, con Frank Sinatra e con molte altre star e sempre ripeteva che gli americani avevano imparato il cinema dall’Italia e non viceversa. Nel 1970 la ormai universalmente riconosciuta grande diva lascia il mondo del cinema per dedicarsi alle sue grandi passioni che lei sempre ha ritenuto un impegno, un’attività da sviluppare e non solo un piacere, perché per lei lavorare è sempre stata una fonte di vita, di forza, che non la stancava ma da cui traeva il coraggio di nuovi progetti. La fotografia, la scultura, anche la pittura, la creazione dei suoi abiti e dei suoi gioielli; una grande artista a tutto tondo che nel momento in cui capì di essere entrata in un cono d’ombra fece una scelta drastica, tipica di una donna intelligente che vuole lasciare di sé un ricordo inviolato dall’inevitabile usura del tempo che passa e che ha distrutto tante sue colleghe che non si sono volute allontanare dalla ribalta ma restarvi ancorate a tutti i costi. È stata un forte esempio di donna che ha creduto fino all’ultimo, al di là dell’età anagrafica, nel valore dell’indipendenza femminile e del lavoro. Come fotografa girò il mondo alla ricerca di scatti che la appagassero, conobbe personaggi famosi e persone comuni ma per tutti il suo obiettivo era puntato a carpirne la parte più intima, unica e profonda. Nacquero interviste, come quella a Fidel Castro affascinato da quella donna tanto speciale e libri e pubblicazioni e mostre e tante soddisfazioni così come nella scultura, la sua grande passione da sempre. Come scultrice trovò pienamente sé stessa in opere di un fascino incredibile dove la forza, la grazia, la bellezza, i sentimenti venivano trasposti con grande bravura su materiali così difficili come la pietra ed il marmo. Di tutti i personaggi si cerca sempre il fianco scoperto, il tallone d’Achille, quel lato vulnerabile che li rende più umani, con quel punto di imperfezione che fa simpatia, che li fa sembrare più avvicinabili. Ebbene per Gina Lollobrigida è stata la sua vita sentimentale. Sposò nel 1949 l’attore, produttore e medico sloveno Milko Skofic da cui ebbe un figlio, Andrea Milko e da cui divorziò. Ma non fu per amore, come ammise lei stessa. Lo sposò per fuggire da un grande dolore, per dimenticare ma non ci riuscì mai neppure quando finalmente confidò al mondo intero, durante una sua apparizione televisiva, quella sua lacerante sofferenza, quella ferita aperta della sua giovinezza che non riuscì mai a cancellare. Fu violentata all’età di diciotto anni dal suo primo fidanzato con inganno e menzogna. Fece innamorare di sé tanti uomini tra cui il magnate americano Howard Hughes ed affascinò profondamente anche il Principe Ranieri di Monaco. Aveva un debole per gli uomini molto più giovani di lei. Per anni fu sentimentalmente legata ad un uomo da cui la separavano ben trentacinque anni di età anche se questa relazione fu tenuta segreta per molto tempo. Fu passione e poi amore il rapporto tra la Lollo e l’imprenditore spagnolo Francisco Javier Rigau, come disse lei stessa. Fu una lunga relazione finita tristemente male. Si parlò di matrimonio ma l’intervento della Sacra Rota ne annullò il vincolo, da lei mai ammesso e ritenuto una truffa a suo danno. Ed iniziò così a conoscere il peso delle vicende giudiziarie e dei tribunali, tra avvocati e sentenze. Ha concluso la sua vita in quegli ambienti a seguito della denuncia verso il suo factotum e manager Andrea Piazzolla, che lei ha sempre difeso a spada tratta dalle pesanti accuse mosse da suo figlio e dal nipote che li hanno portati davanti ai giudici in una complessa causa mai conclusa per circonvenzione di incapace, nominando per la madre un tutore di sostegno. Al centro della vicenda l’ingente patrimonio della diva che è stata una self made woman e ci teneva a sottolinearlo. Queste beghe legali l’avevano sfinita e certamente amareggiata, umiliata e delusa. Nella sua ultima intervista, riferendosi a ciò che era diventata la sua vita dopo tutte le questioni giudiziarie che stava attraversando suo malgrado, disse di sé: ”Qualcuno sostiene che non sono lucida abbastanza per amministrare il mio patrimonio. Io non mi arrenderò mai, non permetto che mi si derubi della libertà. Ho diritto di invecchiare e di morire in pace “. Così non è stato, resta il dubbio che non sia morta in pace. Che almeno nell’Olimpo delle grandi dive la “bersagliera” d’Italia possa ora trovare quella serenità che ha sempre cercato.