ATTUALITA’

FRANCESCO IL RIVOLUZIONARIO

Mara Antonaccio

Con questo atteggiamento in controtendenza, Francesco il rivoluzionario crea discontinuità tra se e i suoi predecessori.

Di qualunque orientamento religioso, filosofico o politico si possa essere, che si sia credenti, atei o semplicemente laici, non si può negare la potenza delle ultime affermazioni di Papa Francesco. Di questi giorni l’aperura clamorosa del Pontefice alle coppie gay, per le quali auspica il riconoscimento legale da parte dello Stato. Per Bergoglio gli omosessuali «hanno diritto a una famiglia» e la «legge sulle unioni civili» va approvata. Tutto questo può essere ascoltato nel film documentario «Francesco», del regista russo Evgeny Afineevsky, presentato alla Festa del cinema di Roma; qual è la portata epocale?  Aver pronunciato senza possibilità di fraintendimento il proprio sì al riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali da parte della Legge. Tutto pare sia nato da un episodio, la telefonata di papa Francesco ad Andrea e Dario, una coppia gay convivente, che ha tre figli piccoli; i due papà avevano scritto al pontefice per esternare le loro difficoltà  a portare i bambini in chiesa, a causa dei pregiudizi degli altri parrocchiani. «Le persone omosessuali hanno il diritto di essere in una famiglia – afferma il papa nel documentario – sono figli di Dio. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge sulle unioni civili. In questo modo sono coperti legalmente. Mi sono battuto per questo». Si comprende bene, pur non essendo teologi, che queste prese di posizione vadano in senso opposto rispetto alla dottrina dei «principi non negoziabili» di Ratzinger, che considera il matrimonio eterosessuale l’unica forma di unione riconoscibile dalle leggi; anzi egli afferma che la Chiesa e i cattolici devono ostacolare i tentativi giuridici che omologano forme diverse di unione, come quelle civili fra persone dello stesso sesso. Con questo atteggiamento in controtendenza, Francesco il rivoluzionario crea discontinuità tra se e i suoi predecessori e apre la porta ad evoluzioni e rinnovamenti sino a pochi anni fa impensabili. Discontinuità soprattutto con se stesso, perché in passato è stato un oppositore pubblico delle leggi che oggi auspica; da Pontefice poi, egli ha pronunziato la “storica” frase: «chi sono io per giudicare un gay?», affermazione che ha naturalmente portato al si delle unioni civili, tracciando una linea guida per i politici cattolici. A questo punto occorre però approfondire la differenza esistente tra il piano dottrinale e quello civile-legale. Il papa parla di riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali da parte della Legge, ma non prevede, né ne fa cenno, un cambiamento della dottrina cattolica;  il disegno di Dio sul matrimonio resta quello millenario a fondamento della famiglia cristiana, principio affermato con forza, che ribadisce la non intenzione di equiparare, neppure per errore, le unioni omosessuali alla famiglia eterosessuale. Le dichiarazioni riportate nel docu-film vanno lette come affermazioni di laicità, un impegno della Chiesa a non erigere barricate contro le leggi dello Stato. Argomento altrettanto attuale, vista la crisi di vocazioni che investe la Chiesa, è la sessualità tra i religiosi, che per i preti si evidenzia con il tema della castità e del matrimonio, cioè del celibato.

Molto si sta discutendo in proposito e la tradizione del celibato sacerdotale nella Chiesa Cattolica, diffusa dopo la riforma gregoriana dell’XI secolo, non è più intoccabile. In realtà nella Chiesa degli albori i preti non erano celibi; San Paolo affermava che un ministro di culto poteva essere sposato, non faceva differenza: «bisogna che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola donna…». Schizofrenicamente sarà lo stesso Paolo, che afferma che il peccato ci incatena e ci impedisce di allontanarsi dalla terra e di ascendere verso l’alto, a suggerire l’idea che occorra staccarsi dalla materia per avvicinarsi a Dio, convinto altresì che «chi è maritato si dà pensiero delle cose del mondo, chi non lo è, cerca le cose di Dio». In sintesi il pensiero è che chi si sposa fa bene, ma chi non si sposa fa meglio, in quanto tutto il suo essere può dedicarsi all’uffizio sacerdotale; quindi il celibato è superiore al matrimonio e Paolo esalta la verginità, loda coloro che non si contaminano con donne; per l’uomo laico è sempre buona cosa non toccare la donna ma è meglio sposarsi che soffrire per le pene del desiderio: il sesso nel matrimonio è tollerato solo come rimedio alla libidine. Tradizionalmente la Chiesa ha seguito la linea di Paolo e ha evoluto la convinzione che il matrimonio sia ostacolo a una vita dedita totalmente a Dio, unica attività consentita ai religiosi. La tradizione di castità si è rafforzata nei secoli diventando obbligo, sostenuta dall’impurità dell’uomo che si congiunge carnalmente e che deva purificarsi per accostarsi all’Eucarestia e deve presenziare ai riti più volte al giorno. Quindi ministero e carnalità sono due aspetti che viaggiano su rette divergenti e rendono dottrinalmente impossibile il matrimonio per i chierici. Parlando con un caro amico sacerdote, è emersa una questione però differente; mentre si discute se Francesco aprirà al matrimonio per i 18.000 religiosi italiani (solo maschi, perché per le 67.000 religiose siamo ancora sottomessi al tabu della femminilità), non si considera che spesso questi non vogliono sposarsi ma vogliono poter avere una vita sessuale, etero o gay, al difuori del sacramento; vogliono semplicemente avere rapporti, non per forza legittimati, vogliono cioè libertà sessuale non proibita dal voto di castità. Al mio perché, il sacerdote ha risposto che il ministero cattolico è molto impegnativo e complesso rispetto a quello ortodosso o protestante e che avere una moglie o eventualmente una relazione stabile, impedirebbe lo svolgimento dello stesso. Insomma la questione è complicata e probabilmente Francesco il guastatore non ha interpellato il suo popolo, soprattutto quello della base, per il quale forse un giorno potrebbe arrivare il permesso a sposarsi, ma che non necessariamente questo rappresenterà le aspirazioni di molti. Gli anni a venire saranno dirimenti.