CULTURA
Il mondo per come mi è stato consegnato
Federico Torrielli
Sono infatti qui per dimostrarvi che il mondo, per come mi è stato “consegnato”, non è poi così male.
Ogni tanto, nei pochi buchi vuoti di tempo libero datomi dalla mia vita di studente universitario, mi piace prendere qualche momento per me, dedicandolo interamente a pensare come sarebbe il mondo se non fossero (o fossero) successi alcuni avvenimenti. Nonostante sia una persona estremamente logica, fantasticare non mi fa mai male: ma non è il mio compito qui oggi, con voi. Sono infatti a dimostrarvi che il mondo, per come mi è stato ‘consegnato’, non è poi così male. Fermatevi un secondo, e pensate a cosa è passato e a ciò che potrebbe succedere: non si tratta di vedere il bicchiere ‘mezzo pieno’, ma di constatare il progresso dell’umanità come specie favorita dall’evoluzione. Sono Federico Torrielli, nato il 26 novembre del 1998 a Torino. Avrei potuto nascere in una famiglia disagiata e problematica, ma non ho avuto questa sfortuna: sono nato in un paese del primo mondo presso una famiglia borghese, che mi ha permesso di poter beneficiare del diritto più grande dell’umanità: lo studio. Questo diritto non era a portata di tutti anche solo 70 anni fa (e la situazione peggiora se guardiamo ancora più indietro), ed è per questo che ne sono grato. Vivo in una società che mi dà la possibilità di definire il mio pensiero in modo libero, di esprimerlo come voglio e, grazie alla potenza di internet, in qualsiasi modo mi piaccia: arte? Musica? Giornalismo? Scienza? Abbiamo tutto, alla portata di un solo bottone. Vivo anche in una società che, però, non limita l’eco di chi invece vorrebbe portare via alcuni diritti fondamentali, e propaga notizie false ed antiscientifiche con gli stessi strumenti che potrebbero essere usati differentemente. Un problema minore, è il ‘fattore democrazia’. Vivo in Italia, un paese con una costituzione antica, ma affidabile, che mi dà fin dalla nascita il diritto (non è scontato!) di avere cure mediche gratuite negli ospedali, senza pagare il singolo intervento d’urgenza, come invece accade in molte altre nazioni. Vivo in Europa, ed oltre ad essere italiano, sono soprattutto europeo. Di questo, personalmente, ne vado fiero: parliamo di una trentina di culture latine accomunate sotto un’unica bandiera e, con l’uscita della UK, si può parlare anche di moneta. Certo, mi piacerebbe davvero vedere un tipo di unione diversa: federale, economica ma soprattutto linguistica. Ammetto i limiti di questa Europa, ma non vedo la ragione di vivere in un mondo ancora più piccolo ed isolato come alcuni vorrebbero. Vivo in un mondo globale, dove le barriere che vengono alzate sono destinate a cadere, dove i paesi che decidono di chiudere le proprie frontiere sono in dirittura di fine, dove il futuro è ancora nelle nostre mani: di chi, un giorno, avrà il pieno potere della tecnologia dalla sua parte. Vivo in un mondo dove essere gay, di colore o disabile viene sempre meno visto come una diversità, ed accettato come naturale, ci stiamo arrivando dopo millenni. Detto questo, in che cultura vivo? Esiste ancora, se così si può dire, una cultura giovane? Potremmo dire che è inutile comparare i giorni di oggi rispetto al passato: le generazioni certamente cambiano, ma non è lo stesso quando si parla di cultura.
Se volessimo proprio dare delle definizioni potremmo assumere che questa cultura sia ‘la cultura globale’. Per quanto si dia per scontato l’ambiente in cui è immersa una generazione è quasi l’unico fattore (oltre alla storia, ma sono due argomenti in inclusione stretta) che ne definisce e ne caratterizza il profilo: internet, la globalizzazione, la reazione ai mass media e alla cultura democratica sono le principali caratteristiche di quello che è l’environment della mia generazione. Non voglio parlare di sotto-cultura giovanile (vd. punk, gabber o emo), ma di ‘cultura’ in generale, nel modo più sincero e scientifico possibile. La filosofia contemporanea di noi giovani si basa sull’instaurazione della società liquida e la caduta dei miti politici (fascisti vs. comunisti) ed etici del vecchio mondo, con la conseguenza del disimpegno politico per la maggior parte. Ma non è una novità, gli astensionisti sono in ogni caso la maggioranza in qualsiasi generazione. L’Italia è il paese, dopo la Grecia, dove questa spinta alla gioventù post-moderna si fa sentire di meno, a causa dell’intrinseco calo demografico della popolazione, dovuto ai problemi economici di cui hanno sofferto le generazioni precedenti. Detto questo, come pensiamo ‘noi giovani’? Dato il grande tasso di alfabetismo e soprattutto dell’utilizzo di mezzi tecnologici per l’organizzazione e l’espansione della conoscenza, la nuova generazione è in grado di ottenere maggiore inclusione nelle questioni globali; una più vasta conoscenza della lingua inglese e soprattutto una curiosità che non si limita solo al provincialismo, sono altri due tratti che assicurano suddetto obiettivo. Di contro, una prima conseguenza dell’essere immersi in questa società, è la necessità di maggiori appigli psicologici (e di conseguenza la capacità di comprensione dei problemi altrui): questi vengono trovati in amici della stessa età ma anche più grandi, organizzati in piccoli gruppi di massimo 4-5 persone. La comunicazione avviene in forme diverse da quella testuale: video ed immagini sono uno ‘special’ della nostra generazione e la velocità, soprattutto, è completamente diversa. La necessità di adattarsi ad un ambiente che richiede multitasking, spesso porta molti alla perdita di attenzione o alla necessità di ripetere delle azioni o programmarsene altre, con l’aiuto di mezzi per l’augmentazione: calendari elettronici, promemoria o to-do list per i più organizzati. A differenza delle generazioni precedenti, esiste un chiaro ‘split’ tra presenza reale e presenza online: tenere una persistenza dati da qualche parte è un ottimo appiglio per molti giovani, che si sentono dispersi nel mare della vita. Ma non per forza questa caratteristica deve esser vista come negativa, la propensione alla natività tecnologica non è infatti la principale causa di alcune situazioni! Questo vuole essere dunque non solo un parziale reportage, ma anche un invito a chi rimane alle spalle delle nuove generazioni: la comprensione e la disponibilità possono e, soprattutto, devono essere le armi per crescere i nuovi esseri umani del futuro.